10/03/11

INSEGNAMENTO DEL BUDDHA AL FIGLO RAULA

(tratto da: Paul Köppler "Così parlò il Buddha")

"Una sera il Buddha fece visita a suo figlio Rahula, anch’egli divenuto monaco. Rahula offrì a suo padre e Maestro un posto a sedere e dell'acqua per lavarsi.
Dopo essersi lavato i piedi, il Buddha cominciò a dare a suo figlio un insegnamento, esortandolo con forza a non mentire mai.
Poi gli domandò: "A cosa serve uno specchio?". Rahula rispose: "Per vedersi riflessi nello specchio". Il Buddha continuò: "È proprio così. Allo stesso modo devi portare a compimento i tuoi pensieri, le tue parole e le tue azioni soltanto quando li avrai osservati come se fossero riflessi in uno specchio. Dovresti sempre chiederti: questa azione causa dolore e sofferenza a me stesso o agli altri? È un'azione non salutare e dà luogo a conseguenze dolorose? In questo caso dovresti tralasciarla. Se però riconosci che un'azione ha conseguenze favorevoli e salutari per te stesso e per gli altri, allora dovresti compierla.

Si dovrebbe riflettere così sempre: prima di ogni azione, ma anche mentre la stiamo compiendo e dopo averla compiuta. Prima di un'azione non salutare puoi ancora decidere di non portarla a compimento e durante un'azione non salutare puoi ancora interromperla. Se però hai già concluso un'azione e riconosci che ha causato sofferenza, allora ne proverai vergogna e orrore e deciderai di tralasciarla in futuro. Se invece vedi che hai fatto qualcosa di buono, te ne rallegrerai e perciò potrai continuare a sviluppare ulteriormente quanto c'è di salutare”.

Il Buddha concluse la sua esortazione dicendo: "Tutti i praticanti che hanno cambiato le loro azioni in passato ci sono riusciti soltanto sulla base della loro costante osservazione e riflessione. Tutti coloro che desiderano cambiarle ora, e aspirano a percorrere con successo la via spirituale in futuro, devono riflettere sulle loro azioni. Per questo dovresti proporti di comportarti in modo più salutare, osservando con attenzione i tuoi pensieri, le tue parole e le tue azioni e riflettendo su di essi".

Majjhima Nikaya, 61